Viaggio nella ‘fabbrica dei wafer’

Il 18-Settembre-2022

“La crisi dei microchip non si attenua e le case automobilistiche continuano a subirne le conseguenze. Del resto, la rivoluzione energetica ha fame di semiconduttori. Il motivo è presto detto: se nel 2010 il contenuto medio del valore industriale dei semiconduttori presenti in un’auto era stimato in 300 dollari, oggi questo dato supera già i 500, per un classico veicolo a combustione interna. Cifra destinata ad aumentare ulteriormente con l’avvento della propulsione elettrica, che richiede una gestione elettronica sofisticata per componenti come il motore, l’inverter, la ricarica e le batterie. Il tutto, accompagnato dalla sempre crescente diffusione degli Adas di livello 2, anche sulle vetture di fascia medio-bassa. Quando, poi, si arriverà alla disponibilità della guida autonoma di livello 3 e 4, il valore dei microchip di ogni esemplare arriverà a superare i 1.000 dollari. Vivremo, dunque, in un mondo sempre più dominato dai piccoli pezzi ricavati dal silicio. Che, però, presentano due problemi: già oggi non sono disponibili in un numero sufficiente per soddisfare la domanda attuale; poi, vengono prodotti da numero ridotto di aziende, prevalentemente dislocate in Asia. Cosa che, pur essendo meno evidente nel campo dell’automotive (in cui i principali player sono invece attivi in Europa e stanno incrementando la propria capacità produttiva), crea una dipendenza della nostra industria, non meno critica di quella relativa alle batterie o di quella energetica. E le difficoltà sono destinate ad acuirsi. O a trasformarsi in criticità assolute qualora la tensione tra Cina e Taiwan dovesse trasformarsi in un vero conflitto o, quanto meno, in un blocco navale.”

Fonte: quattroruote.it

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